Traduzione a cura di Lorenzo Cerreta – ArabicLawrence
A seguito della decisione della WIzards di non tradurre più gli articoli che riguardino la lore di Magic, lo staff di Metagame ha deciso di fornire agli appassionati la traduzione del primo articolo della storia di questo nuovo Core Set.
CORE SET 2019: EPISODIO 1
Diciotto anni dopo gli eventi di Riforgiare il Destino, Yasova (un tempo Yasova Artiglio di Drago) conduce le sue nipoti e un gruppo di cacciatori nella natura selvaggia. Lì sua nipote viene colta da una misteriosa visione che le rivela la storia della nascita di nientedimeno che Ugin, lo Spirito Drago… e di Nicol Bolas in persona.
“L’hai sentito?”
Lo scivolare dei suoni di ticchetii e scoppietti era stato debole, quasi inudibile. Se non fosse stato un giorno così tranquillo, Naiva avrebbe pensato che fosse un trucco della brezza catturata tra i rami rachitico dei ginepri là vicino. Lancia in mano, si mise a osservare la terra coperta di neve. Un ripido pendio sopra di loro si ergeva vertiginosamente verso la mostruosa vetta bianca della montagna chiamata Ghiaccio Eterno. Il profondo squarcio di una valle portava già al punto in cui il loro gruppo di caccia si era accampato fin dalla nuova luna. Tutto intorno, le alte vette del Qal Sisma spezzavano il cielo come tanti denti frastagliati. I draghi scivolavano pigramente in cerchio sulle correnti ascensionali sopra le vette.
I draghi e gli umani non erano gli unici cacciatori sulle montagne.
Esaminò il campo di detriti di rocce su cui crescevano i ginepri. Non si muoveva nulla che lei potesse vedere, ma risonarono altri schiocchi e ticchettii, questa volta ancor più pacati.
“Bai, sono gli artigli dei goblin a fare quel rumore sulla roccia.”
Baishya si inginocchiò a dieci passi di distanza, su un affioramento esposto di roccia che si innalzava sopra il campo densamente innevato che avevano percorso per metà. A capo chino, alzò una mano per chiedere silenzio.
“Bai”. Naiva tenne la voce bassa. “Dobbiamo continuare a muoverci.”
“Sei troppo impaziente, la mia visione mi ha portato proprio qui, ne sono sicura.”
“Non c’è niente da vedere.”
“Sì che c’è. E’ solo che non puoi vederlo.”
“Non penso che neanche tu riesca a vederlo, lo dici solo per attirare l’attenzione della Nonna visto che non sei così brava a cacciare quanto me.”
Baishya si voltò a guardare da sopra la spalla sollevando il mento e roteando gli occhi come suo solito. Tutti nel clan dicevano che le due ragazze erano esattamente uguali, ma Naiva sapeva per certo di non aver mai avuto quell’espressione compiaciuta di compiacimento sul suo volto, mai.
“Non importa quanto accuratamente scagli la tua lancia e quanto maneggi sapientemente un coltello, non sei un cacciatore se non riesci a tenere la bocca chiusa. Specialmente se lo fai per lamentarti di me. Non era necessario che mi seguissi.”
“Qualcuno deve tenerti al sicuro quando senti voci che ti dicono di scalare montagne sacre cui la gente comune è proibito accedere…” Naiva si interruppe.
Un basso umore come un enorme orso che batte una zampa risuonò nell’aria. Sul pendio più in alto si aprirono crepacci nella dura superficie della neve.
Baishya si premette le mani sul viso come se una luce brillante la stesse accecando. “Sono qui”, disse con un tono di ammirazione, ignara del pericolo.
La coltre di neve si spezzò, iniziando a scivolare. Naiva si tuffò in avanti, trascinando Baishya giù dall’affioramento e gettando entrambe giù dietro di esso. Si appiattirono lungo un piccolo strapiombo, tenendo i dorsi premuti contro la roccia. Il fragore della valanga era assordante. Naiva sollevò il suo mantello di pelle di krushok, tenendolo aperto con le sue braccia mentre la neve precipitava sopra l’affioramento e ruggiva giù per il pendio. Ma non sarebbe bastato. La montagna era chiamata Ghiaccio Eterno perché il suo innevamento era solido e stabile, un luogo sacro dove i cacciatori non osavano cacciare e solo le sussuratrici camminavano quando venivano attirate lì dalle voci degli antenati. Eppure ora tutta la neve e il ghiaccio accumulatosi da generazioni si erano spezzati e li avrebbero seppelliti.
Naiva non temeva la morte. Ma era improvvisamente arrabbiata che Baishya fosse così determinata a dimostrare di essere una sciamana da trascinare la sua gemella in una ricerca spericolata. Quindi sarebbero morte così, insieme, come erano nate insieme, bloccate in una fredda tomba.
Le mani di Baishya cominciarono a brillare di una luce verdastra. La vista stupì così tanto Naiva che si dimenticò di aver paura. Mentre la neve precipitava giù, cascando sopra la cima della sporgenza, scivolando lungo la curva dello sperone, e seppellendole nel ghiaccio degli antenati, sua sorella cominciò a disporre e modellare la neve che precipitava in un muro di fronte a loro. La neve tuonò contro la barriera, piegandola verso l’interno. Naiva trattenne il respiro, pensando che la neve si sarebbe spezzata e avrebbe ceduto.
Ma il muro magico resistette.
Il rumore diminuì. Il brontolio si attutì in un silenzio gravido. Avrebbe dovuto essere troppo buio per vedere, non fosse stato per le mani di Baishya, accese da una luce inquietante e leggera.
La voce di Naiva si era congelata in gola. Il suo alito soffiava nuvole di nebbia davanti ai suoi occhi, solo che non era il suo respiro.
Il muro si dissolse in una foschia bianca come la morbida caduta di una pesante tempesta di neve. Delle figure traslucenti fuoriuscirono dalla nevicata. Erano per lo più umanoidi nella forma: alti, snelli, che camminavano su due zampe ma non sulla neve, piuttosto sulle tormentate raffiche d’aria che salivano dal catastrofico crollo. Uno indossava un vestito color luna che si avvolgeva intorno alla vita, punteggiato di dardi verdi come occhi ardenti. Gli altri indossavano sciarpe sottili come ragnatele impregnate di rugiada. Invece di capelli e barba, avevano dei filamenti che crescevano dalla loro carne pallida. Questi tentacoli delicati a forma di cordicelle ondeggiavano e si arricciavano in strani schemi.
Baishya si toccò le orecchie come se cercasse di attutire un urlo ululante di più persone che urlavano tutte insieme. Naiva non sentì nulla, ancora assordata dalle conseguenze del suono ruggente o forse perché non era degna; non riusciva a sentire cosa stavano dicendo gli elementali, se stavano dicendo qualcosa. Gli occhi di Baishya si rivoltarono all’indietro e si accasciò in avanti mentre sveniva.
Le avevano attratte fin lì per ucciderle e mangiarle! Naiva afferrò la sua lancia.
Baishya sobbalzò in avanti e strinse forte il braccio della sorella. “No, non fare la stupida! Gli elementali del vento sono venuti ad avvertirci, non a farci del male.”
Come se la sua voce fosse stato un colpo devastante, gli elementali svanirono in una fitta nuvola di fiocchi di neve; o forse era solo un incantesimo di occultamento usato per nascondere la loro ritirata.
“Non puoi prima colpire e dopo fare domande, Nai! Devi ascoltare.”
“Non ho sentito niente!”
“Non lo fai mai.”
Baishya scrollò la neve dal suo mantello e uscì da sotto la sporgenza. Il suo ansito di spavento indusse paura nelle ossa di Naiva. Si spinse fuori accanto a sua sorella. Naiva aveva sempre camminato coraggiosamente dove Baishya si insinuava con esitazione. Ma anche per Naiva questo era troppo; lei rimase a bocca aperta davanti al sentiero di distruzione creato dalla valanga. Ampie strisce e chiazze di roccia nuda erano state esposte sul fianco della montagna. Metà dell’enorme campo di neve era stato trascinato via, riversandosi nella valle e riempendola di enormi cumuli di neve.
“La nonna e il campo sono laggiù!” Gridò Naiva, immaginando i loro corpi travolti. Ma lei non pianse. Le lacrime non li avrebbero riportertati indietro.
“Stanno bene.”
“Come fai a saperlo?”
“Gli elementali dell’aria hanno detto che mi hanno chiamato qui per darmi un messaggio per la nonna.”
“Cos’hanno detto?”
Si stropicciò gli occhi come se stessero bruciando. “Devo dirlo alla nonna.”
“E a me no? Non ti fidi di me?”
“Perché devi sempre prendere tutto sul personale?”
“Non prendo sempre tutto sul personale!”
Un debole rimbombo risuonò mentre un’altra valangaprecipitava da un pendio nascosto.
«Anche il suono causa valanghe», aggiunse Baishya in un sussurro.
“Come se non lo sapessi!”
“Allora perché stai ancora parlando?”
Naiva evitò di rispondere. Era così fastidioso quando Baishya aveva ragione, ma aveva ragione, e Naiva aveva abbastanza giudizio da evitare rumori forti in un luogo in cui un’altra valanga poteva facilmente formarsi. Afferrò la lancia e lo zaino. Si fecero strada tanto rapidamente quanto era possibile restando al sicuro sui resti del manto nevoso. La valanga aveva colpito completamente il campo di detriti, lanciando pietre più giù per la montagna. Lì trovarono i cadaveri di un piccolo branco di goblin, frantumati e soffocati.
“Ti ho detto che qualcosa ci stava inseguendo”, mormorò Naiva.
Baishya agitò una mano per chiedere silenzio.
Qualcosa raschiò dolcemente sulla roccia. Naiva girò di scatto su se stessa mentre un goblin accovacciato e sporco di sangue balzava da dietro un masso proprio contro di lei. I suoi artigli miravano la sua testa, ma Naiva colpì il busto del goblin col manico della sua lancia e lo fece ruzzolare. La punta del suo artiglio si impigliò sulla sua spallina di cuoio. La giovane usò il suo slancio per capovolgerlo e gettarlo a terra. L’essere cadde duramente, i piedi cercarono a tentoni un appoggio mentre tentava di rimettersi in piedi. Lei fu più veloce, lo ferì al fianco per immobilizzarlo, dentro e fuori attraverso la pelle dura e le cartilagini, seguita da una pugnalata alla faccia. Il primo colpo mancò e la punta della lancia rimbalzò sulla roccia. Il goblin le afferrò al braccio, i denti che laceravano il suo copri avambraccio di cuoio. Lei lo lanciò forte una volta, sbattendogli di nuovo la testa all’indietro, poi roteò la punta della lancia e la infilzò con una spinta nell’occhio fino al cervello.
Il sangue colava brillantemente sulla neve.
Si concesse un momento di torvo divertimento pensando di dover essere grata per la valanga. Un singolo goblin non costituiva un pericolo per un cacciatore, ma contro così tanti lei e Baishya avrebbero potuto venire sopraffatte.
Baishya aveva già estratto il coltello, prendendo a calci ciascuno dei goblin schiacciati per assicurarsi che non ce ne fosse nessuno ancora in vita. Naiva pulì la lama nella neve, tirò fuori la rete da caccia e vi fece rotolare i piccoli corpi.
“La tribù non sta morendo di fame, Nai, nessuno vuole mangiare goblin”.
“Non ci lasciamo carne alle spalle, non con i draghi così vicini.”
Trascinando la rete carica dietro di loro, si diressero verso il punto in cui i robusti ginepri offrivano un sentiero più stabile giù verso la valle. Nuvole di foschia bianca continuavano a fluttuare verso il cielo lungo il sentiero della valanga. I draghi, prendendolo come un gioco, corsero dalle cime lontane per dare fuoco alle nuvole di neve. L’acqua di disgelo scuoteva la fenditura della valle in crescenti raffiche di acqua bianca.
“Anche se fossero sopravvissuti alla valanga, come possono avere evitato l’inondazione?” Sussurrò Naiva, con il cuore gelido. Odiava avere paura. La faceva arrabbiare.
“Il popolo del vento mi ha promesso…” Eppure la voce di Baishya tremava, non più così sicura. Raggiunse Naiva e si strinsero le mani per rassicurarsi a vicenda. Era così che era sempre stato: anche quando la levatrice aveva aperto la pancia della loro madre morta si stavano tenendo per mano.
Il ruscello sul fondo della valle si era gonfiato in un fiume impetuoso che scorreva ben oltre le sue rive. Ormai marrone a causa dei detriti e della terra nelle sue acque, aveva estirpato la vegetazione. Non potevano discendere direttamente nella valle senza rischiare di essere travolte dall’inondazione, quindi presero un percorso più lungo che si faceva strada lungo il pendio.
“Potremmo muoverci più velocemente se non dovessimo trainare questo peso morto.” Baishya fece cenno ai goblins senza vita che cadevano nella rete.
“Lo dico a me stessa di te tutto il tempo!”
Baishya rise e smise di lamentarsi, ma in realtà la mente di Naiva sfornava ogni possibile disastro. Se la nonna fosse morta, cosa avrebbero fatto? Era meglio andare ad Ayagor, dove c’era un accampamento permanente dedicato all’alimentazione del Signore dei Draghi Atarka? O per unirti ad una nuova banda di caccia, una delle tante che spaziava ampiamente attraverso il vasto territorio del Qal Sisma per trovare nuove fonti di gioco? O viaggiare verso le terre di confine dove piccoli gruppi di caccia vivevano in caverne difendibili e organizzavano pattuglie?
Aveva intenzione di sopravvivere, e questo significava trovare persone che li avrebbero ospitati. Persone a cui non sarebbe importato della distrazione di Baishya quando bruciava una padella di orzo, o il fissare il cielo sognando a occhi aperti quando avrebbe dovuto invece raschiare una pelle. Persone che non avrebbero semplicemente consegnato la sua gemella al Signore dei Draghi Atarka una volta scoperto che era uno sciamano. Eppure, cosa sarebbe successo se Baishya fosse stato un peso più grande della rete di goblin morti? E se non ci fosse stato un gruppo disposto a rischiare di accogliere una giovane, inesperta sussurratrice la cui presenza avrebbe potuto farli uccidere tutti? Sarebbero riuscite a sopravvivere da sole? O Naiva doveva lasciarla andare?
“Guarda qui!” Baishya si fermò di brusco, respirando affannosamente.
Le acque avevano cominciato a ritirarsi, scoprendo il fondo della valle ormai privo di vegetazione. Persino gli alberi erano stati strappati da terra e gettati verso il basso per andare ad ammassarsi in pile in bilico. Una collina si ergeva sopra uno di quei cumuli di detriti. Coronato da robusti abeti, era rimasto sopra l’inondazione. La gente, piccola come formiche da quella distanza, si era rifugiata lì.
Quando scesero dalla montagna, le loro gambe erano ricoperte di fango e l’intero corpo di Naiva era dolorante. Ma un grido li salutò mentre raggiungevano la collina. Una sentinella fece loro cenno sotto gli alberi. Diversi fuochi ardevano mentre il grande gruppo di cacciatori si asciugava. Nessuna tenda era sopravvissuta durante la fuga per la salvezza, ma i cacciatori avevano ancora i loro attrezzi.
La nonna si prendeva cura di diverse persone ferite. La sua espressione severa si rilassò leggermente quando le vide, ma quel tocco di sollievo era tutta l’emozione che si concedeva.
“Naiva, cosa hai lì?”
“Un branco di goblin morti che stavano cercando di avvicinarci di soppiatto.”
La nonna annuì bruscamente. Come sempre, lei si aspettava semplicemente che Naiva avesse fatto la cosa giusta senza nemmeno prendersi la briga di lodarla. “Baishya, vieni da parte con me.”
Naiva consegnò la rete agli altri cacciatori e seguì Nonna e Baishya tra gli alberi.
“Che cosa è successo, ragazza?” Alcuni di loro stanno borbottando che sei salita sulla sacra montagna causando la valanga. Siamo fuggiti appena in tempo. Ancor peggio, questa valle ci vorrà generazioni per riprenderci. Abbiamo fatto affidamento sulla ricca caccia qui per nutrirci ora che Atarka richiede tanta carne. “
“E’ stato il popolo dell’aria”.
“Hai visto gli elementali dell’aria?” Non hanno comunicato con noi da quando abbiamo chinato la testa davanti ad Atarka, dubito che ancora abbiano fiducia in noi. “
“Mi hanno dato un messaggio per te, nonna.”
“Per me?”
“Per Yasova Artiglio di Drago.”
Naiva si sporse più vicino, le mani che si stringevano a pugno, scioccata nel sentire Baishya pronunciare quella parola. Atarka aveva bandito il nome Artiglio di Drag e mangiato ogni persona che aveva osato usare il termine in sua presenza.
“Naiva, non permettere a nessuno di avvicinarsi finché non avrà finito.” La nonna afferrò il braccio di Baishya. “Dimmi tutto.”
All’ombra degli abeti l’aria sembrava più fredda che mai. Una vecchio strato di neve circondava a metà i tronchi dei grandi alberi esposti a nord, dove il sole non arrivava mai. Baishya emise tutto il suo respiro in un’espirazione sibilante. La sua voce divenne più dura mentre scivolava in una trance da sussurratrice, affondando di nuovo nella visione che il vento le aveva concesso. Naiva non era una sciamana, ma era sempre stata in grado di percepire aspetti vaghi dei pensieri della sua gemella. Anche lei sembrava sprofondare nel bel mezzo della valanga assassina quando tutto il mondo stava precipitando intorno a loro; tuttavia, non era il ricordo ma la visione attraverso cui cadevano.
C’è un’ombra, una grande ombra. Non sono nuvole, tantomeno è notte. Increspature attraversano il vasto golfo arioso del cielo. L’ombra è una creatura magnifica, terrificante, oscura e potente, ed è cieca, o forse è nata in un luogo di cecità e non sa come vedere. Le sue ali creano le tempeste attraverso i cieli. Fuori dalle tempeste cadono gigantesche pietre d’uovo di diversi colori. Alcuni precipitano senza mai svegliarsi, ma quelli che si svegliano si srotolano mentre cadono e si scuotono nell’ampio golfo del cielo. Le loro ali si spiegano, perché non sono uova. Sono i figli della grande ombra che vive tra e fra, in un luogo e in nessun luogo. Sono draghi appena nati raggomitolati come una sfera, e cadono ruzzolando dal cielo in una raffica di ghiaccio e ali.
Da un battito delle grandi ali d’ombra, cadono sette pietre d’uovo così su un mondo che non è Tarkir, sebbene non ci sia nome nella lingua del popolo del vento.
Innanzitutto il più luminoso si distende. Con il battito delle ali pallide, mentre rallenta la sua discesa, apre gli occhi e parla: “Arcate Sabboth“. Chiamando se stessa prende il controllo del proprio destino. Nessun drago permetterebbe ad un altro di chiamarlo. A differenza delle piccole bestie dei mondi inferiori, sanno sempre esattamente chi sono.
Poi sorge un drago le cui squame hanno una lucentezza metallica. La sua voce è misurata e curiosa, come se fosse sorpresa e felice di scoprire che ha anche un nome: “Io sono Chromium Rhuell. Interessante. Cosa significa tutto questo?”
Un’enorme tormenta di bagliori verde-rossastro si allarga verso l’esterno per rivelare corna a spirale e un urlo selvaggio: “Palladia-Mors è il mio nome! Nessun altro può averlo!”
Due delle più grandi pietre d’uovo cadono come se fossero già morte. Si infrangono sul terreno duro e scavano crateri da impatto su una montagna. Suolo e roccia schizzano verso l’esterno da ogni colpo per creare un anello di detriti.
“Che posto è questo?” dice Chromium mentre scivola giù per atterrare un po’ sgraziato – è ancora molto giovane – sulla vetta di una montagna isolata che sorge in mezzo a un vasto altopiano. La montagna è una forma conica inclinata, simmetrica e gradevole, con un grande cratere nella parte superiore. Scruta nella voragine del cratere ma non vede nessun enorme uovo rotto. Un vento caldo si alza dal profondo, caldo e sulfureo. “Ah! Che piacevole calore!”
Apre le ali, lasciando asciugare il sole dall’umidità indugiando sulle sue squame ancora soffici. Con il collo flessibile, studia il paesaggio. La grande ombra si increspa su una distesa di foreste e praterie verso un crinale di montagne lontane. La luce solare ritorna dietro il suo passaggio, indorando la scena con colori vividi.
Arcades Sabboth si siede accanto a lui per crogiolarsi. “Un sacco di alberi dappertutto intorno al nostro trespolo, e guarda, ci sono animali di ogni sorta che abbondano qui, alcuni su quattro piedi e altri su due: alcuni sono selvaggi e alcuni si sono addomesticati, devono tutti avere un nome, proprio come noi. Che cos’è quell’assembramento di strutture sul fiume? Sembra molto ordinato e interessante.”
Il drago verde-rossastro atterra più in basso per esplorare i detriti freschi sparsi dall’impatto delle due uova nella montagna. Sbuffa di sdegno per i corpi in frantumi che si trovano rotti all’interno. “Questi due erano troppo deboli per svegliarsi”.
“Guarda!” Chromium fissa il cielo. “Ce ne sono altri due!”
Due piccole pietre d’uovo rotolano verso il basso, come in un secondo momento.
Palladia-Mors grugnisce. “Più deboli, inutili.” Rivolge la sua attenzione a praterie lontane dove le bestie pascolano in branchi brulicanti. “Vado a caccia”.
Con un soffio di respiro che quasi accende una fiamma, si lancia nel cielo.
La pendenza della montagna spezza la traiettoria delle ultime due pietre d’uovo. Perdendo l’interesse per le pietre d’uovo perse, Arcades sbatte le sue ali e vola verso l’assemblaggio delle strutture. Eppure Chromium non può fare a meno di chiedersi che fine hanno fatto gli ultimi, questi fratelli più piccoli, specialmente quando nessun tremore di impatto scuote il terreno.
Quando gira intorno alla vetta, non vede nulla sui suoi pendii più bassi: nessun cratere da impatto, nessun dragone appena nato che vola, niente. Solo una fitta crescita di alberi interrotti qua e là da prati. È come se le altre pietre d’uovo si fossero dissolte e forse l’hanno fatto. Forse non erano più di sostanza in questo mondo che le ali dell’Ur-Drago che li avevano fatti nascere e ricadevano nel regno dell’ombra cieca. Si chiede che cosa faccia Arcades e se dovrebbe inseguirlo, quando nota un’altra caduta di uova ai piedi di una catena montuosa molto lontana mentre le ali della grande ombra sbattono ancora una volta: “Altre pietre d’uovo che cadono! Cugini!”
Incuriosito, vola via per cercarli.
Così non vede il groviglio di ali che si aprono subito prima dell’impatto. La sesta pietra d’uovo si apre in un drago verde spaventato poco prima che precipiti in una radura alla base della montagna e rotoli più volte. Il suo atterraggio maldestro sorprende una squadra di cacciatori che, con reti, lance con la punta di ferro e cani magri e brutti, hanno appena abbattuto una grande bestia carnivora. Il suo sangue sta ancora fumando, fragrante e caldo, e quindi la fame che consuma la sua pancia è il suo primo pensiero. Lei ruggisce per spaventarli.
“Io sono Merrevia Sal. Datemi la carne, o vi ucciderò.”
I cacciatori sorpresi e i loro cani sono così sopraffatti dalla sua inaspettata ferocia e dal fragoroso ruggito che non si accorgono dell’ultima pietra d’uovo. Si dispiega non in uno, ma in due piccoli draghi gemelli. A non più di venti passi dalla radura colpiscono le fronde, schiantandosi attraverso i rami e, con due gemiti, si fermano a riposare sulpavimento della foresta sopra un mucchio di aghi e felci.
“Ahi,” dice il più piccolo dei due. Si strofina la testa contro il terreno per asciugare un rivolo di sangue dove i rami duri hanno grattato le squame ancora tenere.
L’altro cerca di scuotere le sue ali ammaccate ma è intrappolato da rami caduti come una rete sopra di lui. Un tronco d’albero spezzato ferma il suo corpo. “Sono bloccato”, dice.
“Ti aiuterò”, dice il primo, studiando l’altro con occhio attento. “Sei Nicol, vero? È il tuo nome.”
“Certo che è il mio nome. Ssshh, silenzio, Ugin! Guarda là fuori. Che tipo di saluto le stanno dando? Non mi fido di loro.”
Nella radura, Merrevia Sal ruggisce di nuovo. I cacciatori si allontanano dalla bestia che hanno ucciso. È grande in confronto ai bipedi, ma quando si lancia in avanti verso la carcassa, la sua ala destra si trascina un po ‘. La caduta l’ha ferita. I cacciatori si scambiano sguardi come se parlassero. Con cenni e gesti, si spiegano a ventaglio. Qualcosa nel loro comportamento è cambiato. Sono ancora cauti e paurosi ma, mentre lei si abbuffa, lentamente si spostano per circondarla con una forma di astuzia inferiore, subdolamente e codardamente. Quando alza la testa per tossire fumo di avvertimento, si allontanano; quando la sua attenzione ritorna al suo pasto, si insinuano di nuovo in avanti.
“Stai fermo.” Ugin inizia a raccogliere i detriti con gli artigli e con la bocca, cercando di separarli senza stravolgere l’intero mucchio in uno schianto che attirerà l’attenzione su di loro.
Nicol non riesce a distogliere lo sguardo, travolto da uno sbigottimento, una frenesia che ribolle nel suo stomaco: il sangue e l’attesa si gonfiano come la fame; come osano questi piccoli e deboli bipedi assaltare uno dei suoi?
I cacciatori gettano una grande rete sopra la sua testa. Con un ululato di sorpresa si spinge verso l’alto, per volare. I cacciatori si aggrappano alle estremità della rete, e in un primo momento la sua forza sconcertante trascina quelli che riescono a rimanere in piedi da terra, con i piedi che calciano nell’aria. Mentre supera gli alberi più vicini la rete si avviluppa così a fondo tra le sue ali che lei perde il suo slancio e cade verso il basso. Schiaccia un cacciatore quando atterra su di lui, picchiando e ruggendo. Morde la corda, ma ora anche la sua ala danneggiata viene catturata in un ramo e non può più manovrare. I cani abbaiano con eccitazione, mordicchiandole i fianchi mentre si contorce.
“Sbrigati, dobbiamo aiutarla.” dice Nicol.
“Stai calmo. Se ci vedono, tu sei intrappolato e in loro balia.”
Nicol sibila. È vero che non possono fare nulla finché è intrappolato. È esasperante. È sbagliato!
Con una tosse di scintille pungenti, Merrevia Sal respinge il primo attacco. Il suo alito bruciante spinge due cacciatori in ginocchio. Strillano di dolore mentre le ustioni sbiancano la loro pelle. Gli altri si ritirano. Uno di loro urla ordini, e di nuovo si radunano, di nuovo preparano le lance. Attaccano da tutte le parti, urlano a squarciagola, si incitano a vicenda. Lei artiglia il ventre di uno, squarciandoglielo, facendo fuoriuscire le budella in una massa di melma e puzza. Ma la sua morte dà al capo un’apertura per accucciarsi dall’altra parte e infilzare la lancia nelle profondità ancora morbide del suo ventre. Sangue caldo schizza fuori dalla ferita, spruzzando il capo di rosso dalla testa ai piedi. Lei si accascia di lato, la sua ala intrppolata si lacera con un orribile rumore di strappi. Un altro cacciatore scende sotto la massa del suo corpo che ancora si torce, ma ormai la sua testa è vulnerabile. Due cacciatori colpiscono l’occhio destro. I cani affondano nella sua pancia aperta, cercando di scavare in profondità e tirare fuori le sue morbide viscere.
Eppure lei lotta ancora, combatte ancora perché lei è un drago, e i draghi non si inchinano mai davanti a creature inferiori. Schiaccia un cane tra i denti. La parte sinistra si trascina, le due lance ancora oscillano dal suo occhio, lei si trascina tra gli alberi, cercando di fuggire anche se non c’è via di fuga mentre i cacciatori sopravvissuti, incluso il capo ricoperto dal suo sangue, la inseguono.
Nicol è ancora bloccato. Apre la bocca per ruggire di furia, ma Ugin schiaccia gli artigli sul suo muso, soffocandolo. “Silenzio.”
La fortuna favorisce i due giovani draghi questo giorno: la preda allontana i cacciatori da loro. Ma sentono le urla e i latrati frenetici. Quasi coperto da tutti i rumori arriva la debole tosse del drago che cerca di bruciarli. C’è ancora battere, un ululato di dolore, guaiti angoscianti, un grido mortale.
“Sbrigati, Ugin!” dice Nicol. “Non è troppo tardi, li sta ancora uccidendo.”
“Calcia con la gamba posteriore destra”.
Nicol calcia, rimuovendo un peso.
“Quello era l’ultimo.”
Impaziente, Nicol si piega in avanti, arrampicandosi sul cumulo di ruvidi rami, mentre il resto dei detriti scivola via sul terreno.
Mentre lui e Ugin irrompono nella radura piena di cadaveri di cinque cacciatori e tre cani, un coro di grida trionfante attraversa l’aria. L’odore della mortalità taglia l’aria come una folata di vento tra gli alberi. La morte di un drago odora di miele. La sua dolcezza è il suo potere, anche se questi cacciatori non lo sanno ancora.
“È troppo tardi,” sospira Ugin.
Il calore della rabbia emerge dal profondo del cuore di Nicol. Li brucerà. Bruciali.
Ugin lo afferra per la gamba posteriore destra e lo fa fermare. “Ce ne sono molti e noi siamo solo due: siamo più piccoli di nostra sorella.”
“Non siamo feriti.”
“Non possiamo fare nulla per lei.”
“Possiamo vendicarla, a queste creature meschine non può essere permesso di attaccarci”.
“Dobbiamo trovare prima gli altri: l’unione fa la forza, come hanno fatto i cacciatori. Nessuno di loro avrebbe potuto farcela da sola.”
“Quali altri?”
“Gli altri draghi che sono caduti con noi, i nostri fratelli, non li hai notati?”
Nicol guarda il cielo senza nuvole e il sole da capogiro brillante. Il sole è magnifico, più audace e più luminoso di ogni altra cosa, abbagliante e potente, l’antitesi dell’ombra e della paura.
“Non ho paura dei cacciatori”, dice, sicuro che il sole non tema nulla.
“Certo che non ne hai.”
“Non ne ho!”
Ugin è giovane ma intelligente. Sa che discutere non gli farà guadagnare nulla. “Vieni, Nicol, saliamo in cima alla vetta e vediamo se riusciamo a individuare i nostri fratelli”.
Nicol non ha intenzione di ammettere che non ha notato nessun dragone ad eccezione di Merrevia Sal. Ma più di questo, disprezza il fatto che debba fuggire come un debole, colpito dalla paura. Eppure i cani avevano iniziato ad abbaiare con i feroci latrati che significano che hanno individuato un nuovo odore. I cacciatori sono gracili, vero, e la loro sorella ne ha già uccisi cinque, ma hanno dimostrato di poter lavorare insieme per portare a termine un compito che sarebbe impossibile per chiunque da solo.
“Da quale parte?”
“Su.”
Ugin fa una partenza maldestra e salta con un battito d’ali, poi cade a terra. Sarebbe stato divertente se non fossero stati sul punto di essere attaccati da assassini baldanzosi.
“Posso farcela”, dice Nicol.
Il coro di latrati frenetici si intensifica quando diversi cani corrono nella radura. L’adrenalina attraversa il suo corpo. Balza in avanti sul cane guida e ne strappa la testa con un solo morso. Il sangue salato satura la sua bocca. Lui mastica più volte e ingoia. Avrebbe avuto un sapore migliore se avesse potuto assaporarlo, ma i denti gli si strusciavano sui fianchi mentre altri cani gli correvano intorno, addentandolo.
“Nicol, stanno arrivando.”
“Solo i codardi corrono!”
“Solo gli sciocchi confondono la prudenza con la codardia.”
Infastidito dal fatto che Ugin abbia ragione, Nicol spazza tutto intorno con un artiglio, respingendo i cani. Altri sfondare i cespugli ai margini della radura. Le voci dei cacciatori si fanno più forti. Quando si spinge con le zampe posteriori e sbatte le ali, si alza più velocemente del previsto; anche così, è ancora imbarazzante. I suoi piedi artigliati toccano le punte degli abeti. Vola a malapena fuori dalla radura senza essere di nuovo aggrovigliato tra gli alberi. Ma lui è fuori, lontano dai cacciatori, alcuni dei quali ora corrono nella radura. Lo fissano, senza dubbio in soggezione.
Mentre si alza sopra la foresta, inizia a volare verso la vetta. Si guarda indietro, improvvisamente preoccupato. Ugin è sparito.
“Qui!” Il suo gemello lo ha già superato.
Corrono verso la vetta e atterrano in un tumulto d’ali.
Nicol si asciuga il sangue dal muso sulle zampe anteriori. Il sangue si sta già raffreddando e scongelando, ma il battito del suo cuore è ancora accelerato. Com’è stato facile strappare la testa dell’animale dal suo collo! Avrebbe potuto divorare tutti i cani perché i loro denti non riescono a penetrare le sue squame. Sono i cacciatori a essere pericolosi, con le loro armi e il modo in cui lavorano insieme per ottenere qualcosa che non possono fare da soli.
Poi vede il più vicino cratere da impatto e dentro il corpo di un drago, molto più grande di lui o Ugin. Non è sopravvissuto alla caduta.
“Quale morte è peggio?” chiede. “Non svegliarsi mai, o risvegliarsi e vivere pochi istanti in una frenesia di paura e combattimento?”
Ugin non risponde. Guarda tutto intorno al paesaggio. Il mondo non è nuovo, ma loro sì, come bambini i cui occhi non riescono a comprendere appieno ciò che vedono: foreste verdi, pianure erbose giallo-verdi, fili d’argento di fiumi che si snodano attraverso un ampio pianoro. Tutti i tipi di creature vagano in questo vasto mondo. Tutto attende di essere scoperto. Ugin sposta lo sguardo verso l’alto e per il tempo più lungo fissa il cielo sopra.
“Da dove veniamo?” lui chiede. “Dove è andato il nostro progenitore? Cosa c’è oltre il cielo?”
“Ne vedo uno!” Nicol vede un drago piombare su un branco di animali. È esilarante osservare le prede disperdersi terrorizzate. Il drago carpisce una bestia in corsa con tale grazia e potenza.
I latrati risuonano ancora dal basso mentre i cani trovano i detriti della foresta dove sono atterrati lui e Ugin. Quando pensa alla sorella morta, vuole far a pezzi tutti i cacciatori e i cani, ma forse la colpa non è loro. Hanno solo colto l’opportunità di ottenere qualcosa che volevano. Forse la colpa è dei draghi che non sono sopravvissuti.
Può ancora sentire l’ululato della morte di Merrevia. Morire non è meraviglioso. È brutto. Ma essere il cacciatore: quella è una cosa migliore. Si arrampica fino a un affioramento che gli permetterà di cadere in una corrente ascensionale; già capisce questo mondo, il modo in cui i venti e le correnti invisibili possono aiutarti a trovare la tua strada.
Prima di lanciarsi, si ferma, sente la mancanza della presenza del suo gemello e torna indietro.
Ugin non si è mosso. Sta ancora fissando sognante il paesaggio.
“Sciocco,” dice Bolas, “dobbiamo stare al passo con gli altri, avvertirli dei cacciatori, imparare come trovare la nostra vendetta.”
Ugin rivolge uno sguardo calmo a Nicol. I suoi occhi sono come cristalli con profondità che lasciano il posto ai misteri.
Dice: “Qualcuno ti sta cercando, Yasova Artiglio di Drago, vieni da me.”
Un grido di avvertimento irruppe attraverso la voce roca di Baishya. Baishya sbatté le palpebre selvaggiamente, oscillò quando la visione la lasciò, e collassò tra le braccia forti della nonna. Naiva afferrò la sua lancia e corse verso il bordo degli alberi.
Tre draghi erano atterrati ai margini dell’accampamento di fortuna. Erano parenti di Atarka, con corpi tozzi e creste a corno di cervo. I due grandi sbuffavano minacciosi riccioli di fiamma, ma come la maggior parte della nidiata di Atarka, non avevano molto in mente con cui pensare. Il più piccolo, tuttavia, aveva uno sguardo astuto nei suoi occhi infuocati. Parlava solo Lingua Draconica, aspettandosi che capissero.
“Sentiamo l’odore della magia nell’aria, consegnate i vostri sciamani, o vi uccideremo tutti.”
Le pulsazioni di Naiva accelerarono e la sua bocca si seccò. Strinse una mano sulla lancia mentre si scambiava occhiate con i cacciatori non feriti, tutti in piedi, come lei, con le lance tenute dritte al loro fianco – pensate per sembrare minacciose, potevano difendersi all’istante. Eppure difendere significava attaccare i draghi, e un tale attacco avrebbe causato una guerra tra Atarka e il clan. Gli umani non potevano vincere questa guerra; era quello che la nonna aveva capito diciotto anni fa.
Era meglio morire combattendo o vivere sottomessi?
“Quali araldi si sono avvicinati a questo umile gruppo di caccia?” La nonna emerse da sola dagli alberi. Non portava armi; il bastone di artiglio di drago che una volta mostrava la sua posizione di capo clan era stato nascosto in una grotta segreta, sorvegliata da sussurratori nascosti. Uno falso era stato inciso e dato ad Atarka per distruggerlo. Ma la presenza stessa della nonna era già un’arma sufficiente. Se aveva paura di qualcosa, Naiva doveva ancora scoprire di cosa si trattasse. “Io sono Yasova, la prima madre di questa banda di cacciatori. Hai un nome, onorevole membro della nidiata?”
Il parente di Atarka sputò una lingua di fuoco innocua sul terreno. “Una grande nevicata ha strappato il ghiaccio e la neve dalla montagna, come mai non sei morto nella valanga? Rivoltato come gli alberi? Abbiamo sentito l’odore di magia. Quest’opera ti è proibita per ordine del Signore dei Draghi Atarka. “
La nonna fece un gesto verso gli abeti in piedi dritti e alti dietro di loro. “Ci siamo accampati su questa collina”, mentì, perché chiunque sapesse qualcosa sui campi o avesse un mezzo cervello in grado di vedere che non c’era traccia di fuochi da campo e rifugi temporanei. “La valanga e l’inondazione sono passate sotto di noi e chiediamo il permesso di continuare il nostro viaggio”.
Il drago batté le palpebre una volta, e poi una seconda, mentre i pensieri strisciavano nella sua mente lenta. “Dove andate?”
Avevano programmato di rimanere un ciclo completo della luna nella valle verdeggiante prima di tornare verso Ayagor, così Naiva fu sorpresa dalle successive parole della nonna.
“Siamo stati assegnati dal nostro convocatore di caccia a pattugliare la zona orientale del Qal Sisma contro le incursioni dei clan nemici. Vorremmo continuare a viaggiare mentre c’è ancora luce diurna. Per il vostro disturbo, e in segno di rispetto, abbiamo raccolto un piccolo spuntino per voi. “
Catturò lo sguardo di Naiva e sollevò il mento in direzione della rete. Con l’aiuto di uno degli altri cacciatori, Naiva lo trascinò in avanti e scosse i cadaveri sul pendio roccioso. I due grandi draghi annusarono ansiosamente, guardando verso il loro capo per avere il permesso di mangiare. Persino il piccolo era distratto dall’offerta di un regalo inaspettato. Erano molto avidi, e la loro fame era la loro debolezza.
Mentre si gettavano sui goblin, la nonna richiamò tutti al riparo degli alberi. “Preparatevi a muoversi”, disse. “I feriti che non possono incamminarsi devono rimanere qui con le provviste finché non possiamo tornare per loro.”
“Dove stiamo andando veramente?” chiese Naiva.
La nonna le rivolse un’occhiata impaziente. “Dovresti già saperlo.”
Le guance di Naiva si infiammarono per l’umiliazione. Delle dita le sfiorarono la manica, e lei si voltò per trovare Baishya al suo fianco, con il viso arrossato, come se avesse la febbre.
“Non hai sentito, Nai? La visione mi è stata trasmessa dal popolo del vento, ma non è venuta da loro.”
“Da chi è venuta?”
“Da Ugin, lo Spirito Drago.”
“Ugin è morto, la nonna era lì e l’ha visto morire. Ci ha raccontato quella storia cento volte.”
“Sì. Ecco perché dobbiamo andare alla Tomba dello Spirito Drago. Dobbiamo scoprire cosa preannuncia questa visione.”
Ma mettetelo un maiuscolo per questi poveri draghi! “IO SONO ARCADES SABBOTH!” “IO SONO MERREVIA SAL!DATEMI LA VOSTRA CARNE O MORIRETE”
Insomma, ce la devono far fare sotto!
A parte gli scherzi, lodevole iniziativa per continuare a supportare la community italiana, dato che quei cattivoni della wizard ci snobbano.
Senza nulla togliere a questa iniziativa che è sicuramente lodevole, ma perché non usare le traduzioni della pagina Facebook “Traduzioni Magic The Gathering – ITA”? Voglio dire, è una pagina nata apposta per questo che già propone le traduzioni ogni settimana, penso che sia voi che loro ne avreste da guadagnare (voi in tempo risparmiato, loro in ulteriori visualizzazioni).
[quote name=”il meglio emilio”]Ma mettetelo un maiuscolo per questi poveri draghi! “IO SONO ARCADES SABBOTH!” “IO SONO MERREVIA SAL!DATEMI LA VOSTRA CARNE O MORIRETE”
Insomma, ce la devono far fare sotto!
A parte gli scherzi, lodevole iniziativa per continuare a supportare la community italiana, dato che quei cattivoni della wizard ci snobbano.[/quote]
Non è un’idea malvagia, ne terrò conto la prossima volta.